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Fisiologia
Un applauso di cocente
approvazione coperse la voce di Pandossa, il quale andò avanti: <<Qualche
mese fa, il mio preside mi consigliò di andare da una psicoterapeuta. Io,
essendo rispettoso del mio superiore, accettai il consiglio. A tal proposito,
però, emerge un grosso problema: se la dottoressa ha un bel culo e delle belle
tette, la psicoterapia funziona. E aggiungo: solo per un po’, il tempo della
seduta… perché, ad un certo punto, bisogna pagare. E le sedute, com’è noto,
hanno un bel costo. Qual è la morale della favola? Uno scrittore che volesse
offrirci un resoconto della relazione tra la psicoterapeuta e il paziente
Pandossa dovrebbe indagare su tutte le concause nascoste, non potrebbe
limitarsi a descrivere il rapporto di causa ed effetto: il preside, il
professor Pandossa, la psicoterapeuta e blà, blà, blà. Questo, bisogna dirlo,
Joyce lo fa benissimo. Alle otto e quarantacinque del mattino, cioè quando
inizio le mie lezioni al liceo, gli allievi mi guardano catatonici, siamo tutti
un po’ grinzosi, come lo è il lenzuolo stretto e schiacciato, quando dormiamo
bocconi. Allora, mi metto a girare lentamente tra i banchi. Mi serve vigore. È
inutile chiedere una disciplina inesistente e che sarebbe utile, diversamente,
solo a scrivere altre settecento pagine d’un saggio che pochi esseri umani
leggerebbero e che nulla ha da chiedere alla poesia.
Scivolo tra i banchi. Devo
stupire i miei allievi per svegliarli; non del tutto però! Non è facile
rispondere a tanta responsabilità.
D’un tratto, mi sovviene l’idea
determinante.
Passeggiare in aula interpretando
e incarnando le norme interpuntorie. Ecco la soluzione! Ma che vuol dire? Il
passo lentissimo dovrebbe corrispondere a tre puntini di sospensione. Il passo
lento all’asindeto. Può darsi. Il passo lento, breve e circostanziato
corrisponde sicuramente al punto e virgola. Che vuol dire passo circostanziato?
Un passo osservato in fase di svolgimento. Il passo seguito da una sosta in un
punto qualsiasi dell’aula è inequivocabilmente un punto. Il salto a piè pari
potrebbe essere altrettanto inequivocabile: due punti. Ma non posso fare il
salto. È la congiura delle norme interpuntorie contro di me.
Ho la vescica piena. Devo
svuotarla. In aula è impensabile. Il gesto non avrebbe alcunché di
interpuntorio. Vado a pisciare tra la sosta del punto ed i due punti.
A quale formula di scrittura
corrisponde? Mi serve un esempio dotto. Ci penso, mentre, già in bagno, mi
libero del peso. Il voyeurismo di Dante per Beatrice nella Vita Nuova. Sì, non guardatemi come allocchi! Chiamiamo le cose col
giusto nome. Dante era un voyeur. D’altronde, c’è un che di fisiologico. Con un
bel giro di parole potrei cavarmela. No! Non va proprio. È tutto così
spirituale. Citiamo un altro voyeur! Petrarca. Anche qui potrei cavarmela. Ma
non se ne parla proprio! Neanche in questo caso. Un mito è pur sempre un mito.
Non va toccato. Allora, Boccaccio! Andreuccio da Perugia mi pare bell’e
rincoglionito. E poi… se gli studenti lo raccontano in giro? Un po’ di
educazione culturale non fa mai male. Vediamo un po’. Tasso, Boiardo, Ariosto.
Un Orlando che perde il senno per poi ricuperarlo sulla luna grazie ad Astolfo
e a un cavallo alato potrebbe anche costituire la manifestazione di un problema
di ordine fisiologico nella scrittura. Sì, ma così s’indebolisce il processo di
fascinazione. Lo stesso dicasi per il don Chisciotte! Nobiltà non rima con
pisciare né con fisiologia.
La scrittura è un atto creativo;
non la si può mica insudiciare in maniera spicciativa. Mi occorre un salto
temporale. Non è escluso che la letteratura dell’ottocento e del novecento mi
sia più favorevole.
Ho trovato! Kafka. Tutti hanno
letto di Gregor Samsa e nessuno può negare che uno scarafaggio sia tanto immondo
quanto una scrittura che manifesti una fisiologia impertinente e inopportuna.
La pelle del mio pene s’impiglia nella chiusura lampo, proprio mentre sto per
mettere a punto l’esempio dotto. Il dolore lancinante spazza via ottocento anni
di letteratura. Il mio membro è arrossato. Al rientro in aula sono pallido, ma
godo della sensazione di scampato pericolo. Gli studenti mi fissano. Sono in
debito con loro!
Ricomincio a passeggiare tra i
banchi e medito sempre su qualcosa di fisiologico, qualcosa che renda l’idea
dello scampato pericolo! Uno scrittore contemporaneo potrebbe cominciare
proprio dall’arrossamento di un membro qualsiasi. Vi ringrazio dell’ascolto!
Una buona giornata!>>.
Una poderosa ovazione accolse il
professore che s’apprestava a lasciare lo scranno. Gruppi indistinti di uditori
gli si avvicinarono per complimentarsi con lui. Egli fece appello a tutta la
propria inventiva per evitarli e puntò risoluto l’uscita. Mentre stava per
defilarsi, però, s’udì un colpo di pistola che intronò l’intera aula magna.
Come fosse attratta da una calamita, la più parte dei presenti s’ammucchiò
attorno al corpo esanime della studentessa universitaria che s’era appena tolta
la vita con un gesto plateale, infilandosi in bocca la canna di una trentotto e
facendo fuoco alla presenza di amici e colleghi. Pandossa s’impietrì. Contemplò
la scena imprecando tra sé: <<Gli eventi pubblici non portano mai a nulla
di buono!>>. Gli riusciva difficile sopportare lo sdegno alla vista di
quella calca di omuncoli curiosi che subissava di sguardi e commenti il
cadavere della giovane donna. Poi, premuroso e paterno, con la coda
dell’occhio, vide i propri studenti inseguire la folla e si slanciò ad impedire
loro di partecipare allo scempio.
Sentì il bisogno di isolarsi a elaborare un angosciante dolore ignoto e che giudicò irragionevole e impertinente. Appena fuori dall’istituto, infatti, si assicurò che i ragazzi
riprendessero la via di casa e cercò le strade meno affollate per fare ritorno
alla propria, senza opporsi più alle lacrime, che solcarono copiosamente il suo
viso.
***
'Adesso, basta!': sarebbe il caso
d'incidere questa formula imperativa su tutti i diari segreti degli esseri
umani, ma occorrerebbe farlo, quando fossero adolescenti e cominciassero a
convincersi d'avere un certo credito nei confronti della natura. Guardare il
mare e dichiarare d'amarlo o d'esserne affascinati, senza averne mai domato le
onde a bordo d'un'imbarcazione di fortuna e, soprattutto, a largo, presso i
grandi banchi, dove scompaiono misure e grandezze protettive, equivale a
gloriarsi d’un titolo che non si possiede. Fin da piccoli, siamo indottrinati
con malevolenza nell’arte patetica dell’ammirazione e dello scimmiottamento,
che altro non è, fuorché una variante della pusillanimità e della pigrizia: si
esalta ciò che resta a debita distanza da noi e che, per ciò stesso, appare
elevato e nobile.
Dunque, impariamo a menadito
interminabili elenchi di parole astratte: amore, amicizia, bellezza, anima et
similia; ne abusiamo fino al momento in cui, per difetto di memoria ed
esaurimento, cominciamo a ripeterle daccapo perché siamo iniettati di petrarchismo
e stilnovismo. Nessuno ci ha mai fatto notare tuttavia che il sublime Petrarca,
l’imponente Dante o il raffinato Leopardi, pur qualificandosi come poeti
inarrivabili, erano irredimibili voyeur travestiti da sacerdoti della
delicatezza. <<Chiare, fresche e dolci acque>> è il racconto di un
guardone; <<Tanto gentile e tanto onesta pare / la donna mia>> è la
spacconata di un uomo che usa il possessivo “mia” a proposito di una donna che
non ha mai sfiorata. Intendiamoci! Nessuno, qui, ha l’ardire di revocarne in
dubbio la qualità letteraria, talora inarrivabile, talaltra addirittura ‘trascendente’:
occorre un po’ di coraggio ermeneutico-esistenziale, se non vogliamo limitarci
ad applaudire gli autori delle antologie. Il recanatese era un po’ più onesto
degli altri, ma, con Silvia, si lascia spesso andare a posizioni ambigue.
Impotenti o pavidi, non avrebbero mai saputo dire a una donna ‘ti voglio’ o,
addirittura, ‘voglio scoparti’, cosicché il verbo ‘scopare’ viene esiliato
dalla lingua, estromesso come maleficio linguistico e insulto. A scuola,
nessuno ci parla di Neruda, Rilke e Celan.
Non saremo mai pronti al
naufragio; diversamente, per allontanarci un po’ dalla terraferma abbiamo
bisogno, tutt’intorno, di luce e schiamazzo, della stagione estiva e di spiagge
affollate. Di notte, nulla può accadere. Allo stesso modo, se una mano
s’insinua con forza tra le gambe dell’atro, senza il dovuto preavviso, o corre
a stringerne i capelli, la prima reazione configura un insensato e inspiegabile
rifiuto.
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